7 Agosto 2024

Mindfulness Insegnante a Cesena

Cos’è la mindfulness

Mindfulness è un termine ombrello che oramai indica sia una tecnica psicologica che un approccio della nuova generazione di psicologia cognitiva e comportamentale.

In parole semplici la mindfulness è l’atto di mantenere l’attenzione focalizzata sull’esperienza presente e, ogni volta che ci si distrae, riportarla nel presente. È l’atto della mente che osserva se stessa. Rimanendo distanziata dai suoi contenuti (sensazioni e pensieri) e non fusa con essi.

Ti è mai capitato di leggere un libro e, all’improvviso, ritrovarti alla fine della pagina senza che ti fossi accorto di esserti distratto? In quel momento eri fuso con i tuoi pensieri. Quando hai avuto quel momento di consapevolezza ‘oddio, mi sono distratto’ ti sei de-fuso. Hai rotto un automatismo e ti sei reso conto che non stavi più leggendo.

‘porre attenzione in un modo particolare: intenzionalmente, nel momento presente e in modo non giudicante’

– Kabat-Zinn

‘essere pienamente consapevoli di qualsiasi cosa stia accadendo nel momento presente, senza filtri e in assenza delle lenti del giudizio’.

 – Elisha Goldstein

Cosa significa mindfulness

Mindfulness è una parola inglese che significa consapevolezza. È la traduzione in inglese della parola ‘sati‘ che in lingua pali significa ‘attenzione consapevole‘.

Per mindfulness quindi si intende una consapevolezza intenzionale, ovvero mantenuta con uno sforzo.

Cos’è la consapevolezza

La consapevolezza è quella parte dell’esperienza soggettiva rappresentata mentalmente in questo momento.

Prova a immaginare la consapevolezza come la parte illuminata di una scena. La luce è l’attenzione. In questo momento magari non sei consapevole di qualche suono di sottofondo, del ticchettio di un orologio da muro o del rumore del traffico. Forse sei diventato consapevole di questi suoni – se sono presenti – nel momento in cui hai letto queste parole. Perché queste parole hanno orientato la tua attenzione. I suoni ci sono sempre stati ma non ne eri consapevole, un po’ come quando cammini di notte. Anche se non vedi molte cose, queste continuano ad esistere.

A cosa serve la mindfulness

La mindfulness serve a diventare padroni della propria mente. È una capacità regolatoria: permette di gestire con efficienza l’attenzione, le emozioni e i pensieri. Questo a sua volta provoca una riduzione dello stress e dell’ansia, un miglioramento dell’umore e la capacità di cambiare alcuni modi automatici di reagire.

Viene anche utilizzata come strumento in molte forme di psicoterapia.

Cosa cura la mindfulness

Questa è una domanda che sento spesso e che mi fa sempre pensare a un’incomprensione di cosa sia la mindfulness. È un po’ come se a un medico chiedessero cosa cura il bisturi o all’elettricista cosa aggiusta il cacciavite. La mindfulness è uno strumento e come tale ha bisogno di essere utilizzata per un fine da una persona che sa quello che fa e che la usa assieme ad altre tecniche. La mindfulness è come lo zucchero. Se il mio fine è addolcire il caffé va bene da sola, ma se ci sono dei disturbi veri e propri da curare il paragone è con il cucinare una torta. Con lo zucchero e basta non si va lontano.

Facciamo una precisazione. Se si parla di cura ci stiamo ovviamente muovendo nel territorio della psicologia clinica e della psicoterapia e non, ad esempio, nella psicologia positiva e nella gestione dello stress. Oltre questa precisazione diciamo che ci sono diverse prospettive.

  1. Il punto di vista di chi fa solo mindfulness è che la mindfulness sia lo strumento principe per far emergere una forma di consapevolezza distaccata nella quale una persona auto-osserva i propri funzionamenti mentali. E che questa capacità emergente sia l’unico vero principio attivo di qualsiasi trattamento psicologico. Alcuni arrivano ad affermare che qualsiasi psicoterapeuta che non usa la mindfulness sta agendo su questi meccanismi senza saperlo quando cura un paziente. Insomma è come dire che la mindfulness è l’unico principio attivo di qualsiasi terapia. Chi difende questa prospettiva sostiene che la mindfulness sia la cura per qualsiasi disturbo psicologico. Capita molto spesso che questi terapeuti usino il buddismo come teoria di riferimento.
  2. Il punto di vista di chi utilizza la mindfulness assieme ad altre tecniche e che la inquadra in una teoria cognitiva. La teoria cognitiva è il paradigma scientifico attualmente sostenuto dalla ricerca in psicologia. Questi professionisti sono la maggioranza e pensano alla mindfulness come una pratica più che una teoria dato che si rifanno alle teorie scientifiche accettate a livello internazionale. Chi difende questa sostiene che la mindfulness agisce su sistemi di regolazione delle emozioni e dello stress e migliora la capacità di non reagire e non rimanere a pensare alle cose. Quindi di per sé non cura niente ma se implementata ad altri approcci specifici può diventare una cura efficace per problemi di depressione o di personalità. Va però inserita in un percorso terapeutico ragionato e personalizzato. Ad esempio per la depressione va bene dopo che uno ha iniziato a stare meglio non per uscire da un brutto episodio.

Mindfulness e ricerca

Cosa cura la mindfulness.
Forse vi avranno detto che serve per <inserisci qualsiasi problema psicologico>. Vediamo di capire perché si e perché no.

Non voglio colpevolizzare chi lo dice perché molta gente cerca anche di aggiornarsi ma non sa leggere la ricerca scientifica. Le ricerche sono scritte in inglese, in maniera tecnica, con molti numeri e procedure con cui purtroppo non tutti gli psicologi sono a proprio agio.

Facciamo un esempio pratico.

Mario ha una gamba rotta e l’emicrania. Luigi da un’aspirina a Mario. Mario sta meglio.

Luigi chiede a Mario quanto soffri da 1 a 100? Mario dice 70. Luigi da un’aspirina a Mario e gli chiede quanto soffre adesso da 1 a 100. Mario dice 40. Luigi corre in paese dicendo che la sua aspirina funziona per chi ha la gamba rotta.

Se intendi che l’aspirina ti fa passare l’emicrania a prescindere dal fatto che tu sia sano o soffra di altre patologie hai ragione. Se intendi che l’aspirina ti fa stare meglio perché agisce sulle gambe rotte hai torto. Se sai solo utilizzare aspirine e nella tua vita non hai mai visto problemi complessi, puoi illuderti che l’aspirina sia magica e serva per tutto.

Studi di efficacia

Dopo questa doverosa parentesi ci tengo a dire che comunque ci sono molti studi di efficacia che dimostrano come la mindfulness sia una tecnica efficace nei seguenti ambiti:

  • Ansia (Kabat-Zinn et al. 1992; Miller et al. 1995; Baer, 2003; Ma & Teasdale 2004; Vujanovic, et al. 2007; Coelho et al. 2007; Kingston et al. 2007; Toneatto & Nguyen, 2007; Hoffman et al. 2010; Lawson, 2011; Vollestad et al. 2011);
  • Ansia sociale (Koszycki, Benger, Shlik, e Bradwejn, 2007; Goldin, Ramel, et al., 2009; Jazaieri, Goldin, Werner, Ziv, e Gross, 2012; Goldin, Ziv, Jazaieri, Hahn, e Gross, 2013);
  • Depressione cronica (Teasdale, Segal, Williams, et al., 2000);
  • Insonnia primaria (Gross et al, 2011; Ong et al., 2008, 2009, 2010);
  • Insonnia associata a diversi disturbi medici o psichiatrici (Winbush, Gross, Kreitzer, 2007; Lundh, 2005; Carlson, Garland 2005);
  • Stress (Shapiro et al., 2011; Nyklícek et al., 2013; Rosenkranz et al., 2013);
  • Dolore cronico (Kabat-Zinn, 1982; McCracken, 2006; Rosenzweig, 2010; Zeidan et al., 2011);
  • Dolore cronico muscolo scheletrico (Margaret Plews-Ogan, 2005);
  • Dolore indotto sperimentalmente (Zeidan et al., 2011, 2010);
  • Dolore nella sclerosi multipla (Mills & Allen, 2000);
  • Dolore nella fibromialgia (Creamer et al. 2000; Astin et al.2003);
  • Psoriasi (Bernhard et al., 1988; Kabat-Zinn et al., 1998).

Risonanza magnetica funzionale (FMRI) che mostra l’attivazione cerebrale media di soggetti impegnati in compiti neutri e soggetti impegnati in attività di mindfulness.

Come funziona la mindfulness

Domanda complessa a cui non si può dare una risposta unica. Diciamo che ci sono più livelli ma semplifichiamo parlando di fattori specifici e fattori aspecifici.

La mindfulness è uno stato di funzionamento della mente che riduce la fusione con i propri pensieri. Questo porta all’emergere di diverse abilità. Una che io descrivo come la spia dell’ABS. Ovvero la capacità di accorgersi quando parti col pilota automatico a rimuginare o reagire in maniera automatica.

Una capacità detta di decentramento, ovvero di essere in grado di relazionarti al contenuto della tua mente come semplice contenuto mentale e non come dato di fatto. Molto spesso reagiamo alle nostre interpretazioni come se fossero dei fatti. Prova a immaginare un elefante rosa seduto per terra. Questo è un pensiero e non ha nulla a che fare con la realtà. Se adesso pensi a una penna è un pensiero vero quanto quello di prima. Certo la penna è un contenuto di pensiero più verosimile, ma quella penna non esiste al di fuori della tua testa.

Un altra capacità che aiuta a vivere meglio è quella di lasciare andare i pensieri. I pensieri sono utili se sono finalizzati a qualcosa, le preoccupazioni se non mi portano ad agire o se ho fatto quello che potevo fare sono inutili. Non andrà meglio un colloquio perché sono preoccupato, anzi rischia di andare peggio perché vado nel panico. Robert Sapolsky, un neuroscienziato, aveva scritto un libro dal titolo ‘Perchè alle Zebre non Viene l’Ulcera?’, le zebre reagiscono davanti al pericolo ma poi quando questo scompare, se ne dimenticano. Noi invece possiamo mantenere vivi tutti gli eventi stressanti che viviamo con il nostro pensiero. Ti capita mai di ripensare a litigi, dispiaceri, problemi a lavoro, cose che non sono andate come volevi?

La mindfulness inoltre insegna a godersi il momento presente. Molto spesso non gustiamo neanche quello che mangiamo perché siamo con la testa (attenzione) altrove.

Mindfulness e meditazione

In cosa differiscono e in cosa no? La mindfulness trae origine da alcune pratiche buddiste della meditazione vipassana. La meditazione vipassana nasce più di 2500 anni fa dalla tradizione buddista theravada in quella che è l’attuale Birmania. Questo la rende la più antica tra tutte le pratiche buddiste.

Vipassana significa ‘chiara visione’. Infatti si vuole intendere una visione approfondita, data da una conoscenza diretta, per esperienza. Questa consapevolezza non viene dalla fredda comprensione intellettuale ma ha origine dalla pratica di osservazione di se stessi che si basa sulla meditazione. È un tipo di meditazione appunto di consapevolezza.

Secondo gli insegnamenti del Buddha questo tipo di meditazione era il mezzo per raggiungere l’illuminazione.

La mindfulness mantiene degli esercizi che richiamano posizioni e modi di focalizzare l’attenzione sul corpo di questa meditazione, anche se con delle differenze importanti. Rimane anche il concetto di apprendere tramite l’esperienza, anche se vengono date delle teorie cognitive complementari e altre chiavi di lettura. Quindi non c’è solo quel tipo di apprendimento, perché sarebbe troppo lento.

Le grandi differenze sono nella teoria che ci sta dietro che è una teoria scientifica e negli altri strumenti che vengono dati. Ci sono poi moltissime differenze epistemologiche e filosofiche. Molti psicologi che si occupano solo di mindfulness e non vengono da una formazione scientifica tendono a lavorare in maniera simile e chi fa meditazione o yoga. Io e i miei colleghi abbiamo integrato la mindfulness nella psicologia scientifica utilizzandola come uno strumento e inquadrandola nella cornice teorica della psicologia cognitiva, che è il paradigma scientifico attuale.

In altre parole la mindfulness è uno strumento, molto potente, ma rimane uno strumento. Come un cacciavite. Se uno non sa nulla di circuiti elettrici e non ha altri strumenti, difficilmente sarà un grande elettricista. Anche se hai un cacciavite bello e grande.

Jon Kabat-Zinn

Jon Kabat-Zinn è un ricercatore che per primo ha iniziato a sviluppare i primi esercizi di mindfulness e a studiarne l’efficacia. Lavorava nell’ospedale della Massachusetts Medical School e iniziò a sviluppare un programma per ridurre lo stress e migliorare la qualità della vita dei pazienti adattando alcuni concetti del buddismo assieme a dell tecniche di meditazione.

Nel 1979 ha fondato la Stress Reduction Clinic all’Università della Massachusetts Medical School, nella quale nacque il primo programma chiamato Stress Reduction and Relaxation Program (Programma per la Riduzione dello Stress e per il Rilassamento). Negli anni a seguire l’approccio diventò sempre più scientifico e l’efficacia studiata tramite molti studi di ricerca.

Kabat-Zinn definisce la mindfulness come l’atto di “porre attenzione in un modo particolare: intenzionalmente, nel momento presente e in modo non giudicante”.

Il protocollo MBSR

Il primo vero corso di mindfulness era un protocollo di 8 sedute settimanali. MBSR è l’acronimo di Mindfulness Based Stress Reduction (riduzione dello stress basato sulla mindfulness). Dopo un po’ di scetticismo iniziale per via del fatto che la tecnica richiamava alcuni tipi di meditazione, la mole di studi di efficacia ha iniziato ad accumularsi e a essere convincente. Oramai il protocollo MBSR è considerato in tutto il mondo un approccio scientifico alla riduzione stress e alla gestione del dolore.

Da quel momento la mindfulness ha iniziato a venire integrata ad altre tecniche e trattamenti.

Dal 1974 più di 20.000 persone hanno partecipato ad un corso MBSR per migliorare la loro qualità della vita. Il corso che propongo io da anni è partito dai programmi del corso MBSR per poi includere altri temi e tecniche più moderni.

Il protocollo MBCT

Alcuni studiosi inglesi hanno integrato la pratica della mindfulness alla teoria cognitiva. Nasce così il protocollo MBCT – Mindfulness Based Cognitive Therapy (terapia cognitiva basata sulla mindfulness). Dopo un’importante studio questo protocollo entra nelle più autorevoli linee guida internazionali come metodo di efficacia scientificamente provata per la prevenzione della depressione.

Il vero problema della depressione infatti, non è superare il singolo episodio ma evitare la loro ricorrenza continua.

Le MBI

Adesso si fa riferimento agli approcci che utilizzano la mindfulness come MBI ovvero Mindfulness Based Intervention (interventi basati sulla mindfulness). Qui non si parla di terapie, infatti l’approccio della mindfulness – quando non è integrato ad altre tecniche – rientra nel panorama della psicologia positiva.

Questo significa che è un approccio aspecifico per migliorare la qualità della vita e potenziare alcune capacità come la gestione delle emozioni e dei pensieri.

È sbagliato dire che serve per disturbi specifici, la ricerca ci dice che gli effetti non sono mirati. Se io do un antidolorifico a una persona col cancro, quella persona avrà la sensazione di stare meglio ma non sta cambiando niente riguardo al suo tumore. Quello che succede in tutti (o quasi) i casi di persone che sostengono di curare disturbi specifici con la mindfulness è che non si rendono conto di questi meccanismi. Molti infatti non hanno esperienza clinica o un’istruzione accademica formale.

Fare mindulness riduce l’ansia, riduce l’ansia anche a chi soffre di disturbi d’ansia, ciò non vuol dire che sia un trattamento specifico per superare i disturbi d’ansia. Questo è quello che succede quando una tecnica psicologica diventa un brand e iniziano a praticarla persone che non hanno un’esperienza clinica e delle basi per capire queste cose.

Questo non significa che non possa essere utilizzata in terapia come tecnica inquadrata in un percorso più ampio. E, sopratutto, utilizzata a uno scopo sapendo cosa si sta facendo rispetto a utilizzarla perché è l’unica cosa che uno sa fare.

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